Inizia da qui

Gestione del tempo: 6 errori da evitare

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Gestione del tempo a lavoro: 6 errori da evitare

 

Gestione del tempo a lavoro: 6 errori da evitare

Gestire il tempo ci sembra un’impresa impossibile. Cerchiamo di essere super organizzati ed efficienti, ma a volte gli imprevisti ce lo impediscono. Per evitare che questo accada bisogna sapere quali sono i rischi e gli errori più comuni in cui cadiamo nella nostra gestione del tempo: in questo video trovi 6 errori da evitare. Prendi carta e penna e ricordati di loro quando ti trovi davanti un imprevisto. Un metodo ha bisogno di essere applicato e allenato per vedere risultati concreti. Mettiti sotto!

 

Autore

Diana Frascarelli

Tempo di ascolto

9 minuti

Vai al video

online il 05.07.2021

aggiornato il 23.11.2024

Per approfondire

Gestione dei problemi in azienda: 4 regole da seguire

4 minuti

Quanto è importante saper gestire le risorse umane

4 minuti

Organigramma aziendale: cos’è e come farlo

8 minuti


Perché il tempo non basta mai

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Perché il tempo non basta mai

Perché il tempo non basta mai

Ti organizzi con precisione maniacale: sistemi il calendario ogni poche ore, rivedi la tua agenda quotidianamente, attacchi post-it ovunque e imposti sveglie a tutte le ore. Eppure, nonostante tutti questi accorgimenti, ti ritrovi sempre a corto di tempo. Ma perché succede?

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

5 minuti

Indice dei contenuti

In questo articolo analizziamo i 3 motivi principali per cui il tempo sembra non bastare mai e come affrontarli.

Errata valutazione della durata degli impegni

Un errore comune è sottovalutare quanto tempo richiedono le attività. Ad esempio, se pianifichi di aggiornare le statistiche di vendita dalle 16:00 alle 18:00 e ti accorgi che il lavoro richiede in realtà 4 ore, ecco che tutti gli impegni successivi slittano.

Per migliorare questa capacità di stima:

  • tieni traccia del tempo effettivo: per una o due settimane, misura quanto impieghi davvero per portare a termine ogni compito;
  • regola le previsioni future: basati sui dati raccolti per stimare correttamente il tempo necessario.

Questa consapevolezza ti aiuterà non solo a essere più realistico nella pianificazione, ma anche a migliorare la tua efficienza nel lungo termine.

Non seguire la scaletta

Anche con una scaletta ben organizzata, capita di lasciarsi sopraffare da ansia o entusiasmo, iniziando a lavorare su più cose contemporaneamente. Ad esempio, mentre sistemi le statistiche di vendita, rispondi a un’e-mail, controlli l’agenda della prossima settimana e risolvi un problema per il commercialista.

Risultato? Nessuno di questi compiti viene completato.

Per evitarlo:

  • segui la scaletta alla lettera: rispetta le priorità che hai stabilito e concentrati su un’attività alla volta;
  • non anticipare altri compiti: portare a termine quello che hai iniziato è sempre più produttivo.

Pensaci: butteresti la pasta in pentola senza prima aggiungere l’acqua? Segui la giusta sequenza per massimizzare i risultati.

Collaboratori che interrompono continuamente

Può capitare che, mentre stai lavorando con la massima concentrazione, i tuoi collaboratori ti interrompano per:

  • chiederti come fare un preventivo;
  • richiedere chiarimenti su un documento;
  • domandare consigli su come gestire un cliente.

Queste interruzioni, sebbene apparentemente innocue, possono sottrarti ore preziose nell’arco della giornata.

La soluzione? Formare i tuoi collaboratori.
Spesso i problemi dei colleghi derivano da una mancanza di autonomia. E se non sono autonomi, è probabile che la causa sia una tua mancanza nella loro formazione.

Prenditi il tempo per:

  • Condividere competenze chiave: insegna loro come risolvere i problemi in autonomia;
  • creare procedure standard: fornisci linee guida dettagliate per gestire situazioni ricorrenti.

Investire tempo nella formazione oggi ti farà risparmiare moltissimo tempo in futuro.

Conclusione

Se ti riconosci in queste situazioni, è arrivato il momento di cambiare prospettiva. Non è il tempo a essere insufficiente, ma il modo in cui lo gestisci a fare la differenza.

Ricorda: organizzare gli impegni non significa solo pianificarli, ma anche seguirli, stimarli con realismo e garantire che il tuo team possa lavorare senza dipendere da te.

Gestire il tempo non è semplice, ma con disciplina e metodo puoi trasformarlo in un potente alleato. La chiave è essere realistici, seguire la pianificazione e lavorare costantemente per migliorarti.

La prossima volta che pensi “il tempo non basta mai”, chiediti se hai fatto tutto il possibile per sfruttarlo al meglio. Con gli strumenti e le strategie giuste, potrai finalmente prenderti il controllo delle tue giornate.

Il tempo non è infinito, ma il tuo potenziale lo è.

online il 20.10.2021

aggiornato il 24.11.2024

Per approfondire

Gestione del tempo: 6 errori da evitare

5 minuti

Come migliorare la gestione aziendale: il metodo Nera

7 minuti

Che cos’è l’affiancamento lavorativo

8 minuti


Comunicazione verbale, paraverbale e non verbale

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Comunicazione verbale, paraverbale e non verbale

Comunicazione verbale, paraverbale e non verbale

Comunicare è inevitabile: ogni gesto, parola o silenzio trasmette un messaggio. La comunicazione si divide in tre canali principali: verbale (contenuto), paraverbale (tono, ritmo) e non verbale (gesti, postura). Padroneggiare questi aspetti è essenziale per relazionarsi in modo efficace.

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

7 minuti

Indice dei contenuti

La comunicazione è una delle azioni più naturali che compiamo, spesso senza rendercene conto. È impossibile non comunicare: ogni gesto, sguardo o silenzio trasmette un messaggio agli altri. Per questo motivo, conoscere e padroneggiare i tre principali canali di comunicazione, verbale, paraverbale e non verbale, è fondamentale.

Cos’è la comunicazione verbale?

La comunicazione verbale riguarda il contenuto del messaggio trasmesso tramite parole scritte o parlate. Sebbene gli studi di Albert Mehrabian abbiano dimostrato che il verbale influisce solo per il 7% sul risultato complessivo di un messaggio, non va sottovalutato.

Un messaggio verbale efficace deve:

  • essere chiaro e semplice, evitando termini complessi e frasi troppo lunghe;
  • trasmettere contenuti utili, per non rischiare di annoiare o perdere il pubblico;
  • essere congruente con gli altri canali di comunicazione.

Esempio pratico

Se spieghi un concetto complesso, usa esempi concreti e un linguaggio adatto al tuo interlocutore per favorire la comprensione.

Comunicazione paraverbale: come lo dici conta più di cosa dici

Il canale paraverbale è responsabile di circa il 38% dell’efficacia del messaggio. Riguarda il modo in cui il messaggio viene trasmesso, ovvero l’intonazione, il ritmo, il timbro e il volume della voce.

Gli elementi chiave della comunicazione paraverbale sono:

  1. tono: influenza l’emozione percepita nel messaggio. Può essere amichevole, autoritario, sarcastico, ecc.;
  2. ritmo: rallentare o accelerare il discorso può trasmettere calma o urgenza;
  3. timbro: rende la voce unica e può evocare emozioni specifiche (caldo, vivace, freddo);
  4. volume: un volume alto può esprimere sicurezza, mentre uno basso può suggerire timidezza.

Esempio pratico

Un “grazie” pronunciato con un tono sarcastico o sincero trasmette due messaggi completamente diversi.

Comunicazione non verbale: il linguaggio del corpo che parla per noi

La comunicazione non verbale rappresenta il 55% del messaggio complessivo. Include:

  • espressioni facciali: il sorriso, lo sguardo e i movimenti del viso;
  • postura: una postura aperta trasmette sicurezza, mentre una chiusa può suggerire disagio;
  • movimenti: gesti, distanza dall’interlocutore e movimenti inconsci (ad esempio tamburellare le dita).

Questo tipo di comunicazione è spesso inconscio ma incredibilmente potente, perché riflette ciò che proviamo realmente. Come migliorare la comunicazione non verbale?

  1. osserva il tuo linguaggio del corpo: sei aperto e rilassato o rigido e chiuso?
  2. analizza gli altri: noti incongruenze tra le loro parole e i loro gesti?
  3. esercitati: ad esempio mantieni il contatto visivo e usa gesti che supportano il messaggio verbale.

Conclusione

Comunicare in modo efficace significa saper gestire tutti e tre i canali contemporaneamente. Non basta avere un messaggio chiaro (verbale), ma è fondamentale trasmetterlo con il giusto tono (paraverbale) e supportarlo con gesti ed espressioni congruenti (non verbale).

Per approfondire le tecniche di comunicazione e migliorare le tue competenze, ti consigliamo di esplorare il nostro corso di comunicazione.

Il tuo prossimo passo? Allenati ogni giorno: osserva te stesso e gli altri, metti in pratica ciò che hai imparato e scoprirai quanto potenziale puoi esprimere con una comunicazione davvero consapevole.

online il 02.08.2021

aggiornato il 24.11.2024

Per approfondire

Quanto è importante saper gestire le risorse umane?

4 minuti

Come migliorare la gestione aziendale: il metodo Nera

7 minuti

Che cos’è l’affiancamento lavorativo

8 minuti


Bell’essere oltre le generazioni: intervista a Mery, Alessandra e Federico

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Bell’essere oltre le generazioni: intervista a Mery, Alessandra e Federico

Bell’essere oltre le generazioni: intervista a Mery, Alessandra e Federico

Bell’essere Estetica Parrucchieri è un salone nato dall’esperienza di Mery e arricchito dall’entusiasmo dei figli Alessandra e Federico, unendo due generazioni con visioni diverse ma complementari. Il loro percorso parla di passione, adattamento e resilienza, offrendo servizi che incarnano bellezza, armonia e spirito di famiglia.

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

8 minuti

Per la seconda intervista di Nera, abbiamo chiacchierato con Mery e i suoi figli Alessandra e Federico, i tre titolari “fondamenta” di “Bell’Essere Estetica Parrucchieri”.

Possiamo dire che, più che un’intervista, qui di seguito ce ne sono ben tre. Sarebbe stato impossibile (e sbagliato!) fondere le loro parole, le loro visioni, le loro idee… Dato che la loro forza sta proprio qui, nell’avere ognuno un proprio modo di vedere le cose e di riuscire ad unire tutti i diversi punti di vista per creare qualcosa di armonioso, di familiare, qualcosa di più grande.

Nella nostra chiacchierata abbiamo parlato dei più di 40 anni d’esperienza di Mery, i quali hanno portato alla nascita di Bell’Essere Estetica Parrucchieri insieme ad Alessandra, dell’arrivo di Federico, delle differenze fra due generazioni, dell’essere una donna, mamma e lavoratrice a tempo pieno, di sogni avverati e da avverare.

Vi auguriamo una buona lettura, con la speranza che possano essere per tutti fonte d’ispirazione e di coraggio per poter creare qualcosa di bello, raffinato, semplice e pratico, aggettivi perfetti per descrivere ciò che è Bell’Essere Estetica Parrucchieri.

La storia di Bell’essere Estetica Parrucchieri

Mery: Ho iniziato quando ero giovane, avevo 21 anni. Sono partita con il “Salone Mery”, passando per “Forbici d’Oro” e poi il grande passo: “Parrucchiera Mery”, di cui possedevamo anche l’immobile, situazione a cui avevo sempre ambito.
Dopo alcuni anni, Alessandra, a seguito di un’esperienza come estetista altrove, è entrata a far parte del salone. All’inizio svolgeva soltanto alcune mansioni, poi è nata una nuova esigenza: fare qualcosa insieme, io come parrucchiera e lei come estetista. Il negozio era piccolino, ma con la possibilità di ampliare… Purtroppo, però, a causa di alcuni problemi, non abbiamo avuto la possibilità di mettere in atto i progetti già pronti. Per questo abbiamo cercato un altro locale, nel quale poi abbiamo realizzato il nostro progetto e in cui siamo ormai da circa sette anni.

In seguito, anche Federico si è specializzato ed ha iniziato a lavorare nel negozio, portando con sé il mondo della barba. Infatti, terminati ufficialmente gli studi, abbiamo creato nel salone un vero e proprio “Corner Barber”.

La scelta del nome

Alessandra: In realtà avevamo pensato ad un altro nome, ma ad un corso di trucco la formatrice ha concluso il suo intervento con il termine “Bell’Essere” e mi ha subito colpita molto. Appena tornata a casa, non ho potuto far altro che dire a mia madre di aver trovato il nome del nostro salone. Volevamo una parola che inglobasse tutto, sia il mondo dell’hairstyle, che il mondo dell’estetica, delle barbe, ma soprattutto il concetto di bell’essere dell’anima. Parole legate alla bellezza in tutte le sue sfaccettature.

Cosa trasmette bell’essere e perché la storia continua

Mery: Bellezza e armonia, è questo che trasmette il nostro salone.

Alessandra: Un luogo bello sotto tanti aspetti. In passato, ho lavorato in bei posti, ma qui c’è la mia famiglia, la mia seconda casa… Anzi, forse è la prima.

Federico: La nostra storia continua per i numerosi servizi che possiamo offrire ai clienti, dato che abbiamo un “menù” molto ampio. Senza dimenticare, però, l’ambiente confortevole e la nostra accoglienza, unica in tutto e per tutto poiché siamo una famiglia.

Gli obiettivi posti e raggiunti

Mery: In realtà ho raggiunto ciò che mi ero prefissata. Come prima cosa, ovviamente, l’aver aperto un negozio tutto mio, in secondo luogo, avere dei collaboratori. All’inizio ero convinta di poter far tutto da sola.

Alessandra: …e non era possibile. Uno dei miei obiettivi più importanti, ad esempio, era avere Federico con noi. Alla fine ci sono riuscita.

Come sarà il salone tra 10 anni

Federico: Per me è difficilissimo vedermi fra 10 anni dato che vivo alla giornata.

Mery: Sicuramente portare avanti il lavoro con i miei figli con la stessa armonia di oggi. Inoltre vorrei ampliare la clientela.

Alessandra: Io sono una sognatrice… Mi vedo alle Maldive a lavorare nel mio nuovo salone!

L’impronta delle esperienze lavorative

Avete avuto altre esperienze lavorative? Se sì, quali?

Mery: Sì, ho fatto altri lavoretti, ma credo che ognuno di noi abbia una sua strada segnata che prima o poi incrocia. Non avrei mai pensato di avere un negozio tutto mio un giorno, né che loro avrebbero lavorato insieme a me. Se qualcuno, 10 anni fa, mi avesse detto che i miei figli avrebbero lavorato qui non ci avrei mai creduto!

Alessandra: Sì, ho lavorato in un bar e in un altro salone. In modo particolare, ho notato la differenza tra essere titolare e dipendente. È un’altra vita. Da titolare, ho responsabilità completamente diverse. In ogni caso tutto dipende da come prendi le cose e da quanto impegno ci metti: puoi anche essere un dipendente, ma sentirti responsabile quanto un titolare.

Le difficoltà del lavorare con la propria famiglia

Mery: Sì, ci sono difficoltà, ma sono le stesse che ci portano avanti. Ad esempio crea problemi anche soltanto organizzare il piano delle ferie. Perché a volte, ammetto, detterei legge, ma so bene che è fondamentale ascoltare tutti e incontrarsi a metà strada. Per anni ho lavorato da sola: è proprio questa la mia difficoltà.

Federico: Siamo in tre, nel bene e nel male abbiamo lo stesso peso nelle decisioni. Se pensi di essere da solo, non sei sulla strada giusta. Non sempre è facile trovare un punto di incontro, ma alla fine la spuntiamo sempre!

L’ostacolo del covid-19

Avete mai avuto la tentazione di dire “basta”? Come state dopo quest’anno così difficile?

Alessandra: Ogni giorno, da un anno a questa parte. Sono destabilizzata, perché per me un’azienda deve essere organizzata perfettamente sotto ogni aspetto. In questa situazione, invece, mantenere un’organizzazione è quasi impossibile, come anche soddisfare i clienti senza alzare troppo i prezzi. Non voglio farmi abbattere, perché a differenza di altre realtà noi possiamo lavorare, ma non è facile con le lamentele dei clienti, delle dipendenti e le nostre. Questo è un carico importante di preoccupazione e di gestione, ma in qualche modo ne verremo fuori.

Mery: In 45 anni di lavoro, ho capito che l’unica costante nella vita sono proprio le difficoltà. Ad esempio, quando sono nati Alessandra e Federico ho dovuto chiudere per un periodo e sono andate via tutte le ragazze, ma bisogna tener duro e avere forza. Il lavoro e la famiglia sono legati indissolubilmente, perché se lavori porti avanti la famiglia: se ti fermi alla prima difficoltà non ce la fai. Il covid è una delle prove della vita. Ci sono realtà che stanno chiudendo o che hanno chiuso, ma fortunatamente noi ci siamo, le entrate non sono come vorremmo, ma già stare in piedi è tanto e bisogna apprezzarlo.

Due generazioni a confronto: com’è il passaggio madre-figli?

Alessandra: Non è facile, facciamo parte di due generazioni diverse, abbiamo modi di pensare e di lavorare diversi. A differenza mia e di Federica, Mery ha più di 40 anni di esperienza e ha vissuto i bellissimi anni ’90. Non c’è proprio un abisso, ma sono cose difficili da incastrare insieme. Una volta cedo io, una volta Mery, una volta Federico, così cerchiamo di arrotondare i pezzi del puzzle un po’ tutti.

Federico: In realtà io non vedo troppa distanza. Anzi, vedo da parte di Mery un continuo adattarsi alla situazione che ha di fronte. Sicuramente ricorda il suo percorso, ma la sua è un’impostazione moderna e che rispecchia il momento. D’altronde se vuoi lavorare e vivere devi evolverti. Ognuno ha i suoi metodi, non attribuirei queste discrepanze alle diverse generazioni.

Mery: Volente o nolente, hai bisogno di evolverti, cambiare, cercando di mantenere il tuo essere. Molte colleghe della mia età e generazione si sono ritirate.

Le differenze con gli anni ’90

Mery: Ad essere cambiate sono le persone. Ora hanno più esigenze, hanno bisogno di più attenzioni, sia dal punto di vista professionale, che tecnico. Cercano precisione, perfezione, un qualcosa in più. In generale, sono più attente a quanto e come le ascolti e comprendi.

La scelta della professione

Alessandra: Io ho sempre desiderato fare questo lavoro!

Federico: Io mi sono avvicinato a questo mondo quando ancora frequentavo l’università agraria. Scegliendo di seguire qualche corso, mi sono appassionato e ho deciso di portare avanti entrambi i rami.

Mery: La mia è stata un’esigenza, oltre che una scelta. Nella nostra famiglia, abbiamo cambiato i “ruoli”, dato che mio marito è casalingo ed ha cresciuto lui i figli. Non li ho sempre avuti vicini da piccoli, li ho ora da grandi.

Quello che hai detto è davvero particolare. È davvero raro che sia la donna/mamma a lavorare e l’uomo/papà a fare il casalingo!

Mery: Per me e mio marito è stata una scelta ponderata tutt’altro che facile, soprattutto 30/40 anni fa. Per il resto della nostra famiglia è stato uno sconvolgimento. Alla fine, però, i fatti parlano!

Ti è mai capitato che qualcuno ti dicesse “Dovresti rimanere a casa”?

Mery: No, in realtà si rivolgevano soprattutto a mio marito, dato che doveva anche fare le veci della “mamma” e della “donna di casa” e a quel tempo sembrava una follia!

Consigli per gli imprenditori di domani

Federico: Metterci il giusto impegno.
Mery: Avere un metodo e delle regole.
Alessandra: Avere passione, voglia, ambizione e perseveranza.

online il 10.07.2021

aggiornato il 17.11.2024

Per approfondire

Gestione del salone: come costruire solide fondamenta

5 minuti

Come migliorare la gestione aziendale: il metodo Nera

7 minuti

L’importanza degli obiettivi nella gestione del salone

5 minuti


Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

L’azienda vinicola La Callaltella, guidata dalle sorelle Antonella, Elena ed Elisabetta Bonetto, è un esempio di passione, innovazione e rispetto delle tradizioni. Fondata nel 1951, ha evoluto il proprio modello di business da familiare a strutturato, puntando su qualità artigianale, modernità e dialogo.

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

8 minuti

Per la nostra prima intervista, abbiamo deciso di parlare con Antonella, Elena ed Elisabetta Bonetto, le tre sorelle cuore pulsante dell’azienda vinicola “La Callaltella”.

Durante la nostra chiacchierata, abbiamo percepito dalle loro parole e dai loro sorrisi (anche se visti soltanto attraverso un display in videochiamata su Google Meet) un senso di profondo attaccamento ed amore verso la loro azienda e per ciò che viene prodotto, oltre che per il loro legame di sorellanza.

Ci hanno raccontato il loro passato, il loro presente, ciò che sperano per La Callaltella del futuro e come hanno affrontato e superato ogni problema, da quelli legati all’avere un’azienda vinicola, fino a che cosa significhi essere donna nel mondo lavorativo di oggi.

Vi auguriamo una buona lettura, nella speranza che possano essere per tutti un modello da seguire, proprio come lo sono per noi!

Qual è la storia della Callaltella?

La Callaltella è nata nel 1951 da nostro nonno e dai suoi due fratelli. La sua storia è lunga e ricca di cambiamenti, frutto di tanti sacrifici familiari, tra cui l’emigrazione dei nostri nonni in Francia per la mancanza di posti in casa, mentre i nostri zii lavoravano in mezzadria, al loro ritorno in patria, all’acquisto dei terreni, fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui abbiamo preso noi la guida de La Callaltella.

Da dove nasce il nome “La Callaltella”?

Questo nome viene da una delle vie collaterali dell’arteria principale del territorio di Treviso, cioè Callalta. Abbiamo deciso di tenere questo nome per rimanere legate alla nostra terra e alle nostre tradizioni. La Callaltella è un’azienda che guarda al futuro, senza però dimenticare le proprie origini.

Oggi l’azienda conta 10 ettari di terreno, dal quale vengono ricavate le nostre 12 differenti tipologie di vino. Ogni vino è completamente prodotto da noi, dalla raccolta a mano fino all’imbottigliamento: possiamo dire di aver maturato un ottimo numero di clienti esportando in Italia e all’estero.

Come è strutturata l’azienda?

La nostra è un’azienda dinamica, in continua evoluzione. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da fare o da proporre: è proprio questo che alimenta sempre più il nostro entusiasmo. Da quando guidiamo La Callaltella, di scelte importanti ne abbiamo fatte parecchie. Nel tempo, ci siamo rese conto di dover dare continuità ad alcune tradizioni; nel contempo abbiamo capito di dover necessariamente cambiare alcune dinamiche lavorative. Il nostro primo obiettivo, come terza generazione de La Callaltella, era passare da un’azienda familiare ad un’azienda vera e propria.

Cosa è cambiato da “azienda familiare” ad “azienda vera e propria”?

Prima non c’era una vera e propria distinzione, i guadagni e le spese erano in comune, i soldi in più venivano divisi, “si faceva tutto in casa”: questo oggi non è più permesso. Inoltre dal punto di vista aziendale c’erano sì dei ruoli, ma che non riuscivano a comunicare tra loro. Siamo andate avanti comunque, ma senza una vera e propria organizzazione. Ad esempio, le riunioni erano praticamente degli incontri nel cortile di casa.

Ora ognuna di noi ha un ruolo ben preciso: Elisabetta è la responsabile commerciale, Elena la responsabile amministrativa e Antonella, in realtà, è titolare del salone Incanto Parrucchieri, ma è sempre presente in azienda quando ce n’è bisogno.

Un tempo come si faceva “business”?

Praticamente l’azienda ha lavorato sempre e solo con clienti privati, quelli a cui vendere il vino sfuso. Inizialmente questi clienti erano parenti che emigravano in Lombardia e Piemonte: le damigiane venivano caricate in treno, per farle scendere, ad esempio, alla stazione di Milano. Nostro papà ci raccontava spesso che, da piccolo, restava a fare la guardia alle damigiane, mentre nonno consegnava il vino con il carrettino. Al giorno d’oggi, pensare di lasciare un bambino da solo con delle damigiane alla stazione di Milano è assurdo, eppure un tempo era proprio così. Comunque sia, è proprio da questa tipologia di “business” che ha avuto origine la nostra azienda.

Com’è il vostro modo di fare business?

Se prima si vendeva unicamente a clienti privati, adesso abbiamo sviluppato anche un mercato all’ingrosso, quindi vendiamo i nostri prodotti a enoteche, bar, ristoranti, macellerie, gastronomie, cicchetterie, hotel, stabilimenti balneari, pastifici e così via. Quindi adesso, i nostri clienti spaziano dal privato che acquista box e bottiglie, alle aziende che espongono i nostri prodotti al pubblico.

Effettivamente in Italia il mondo dell’agricoltura è visto da molti come simbolo di tradizioni e non avvicinabile al concetto di moderno…

Sì, il nostro settore è chiamato “primario”, ma in realtà è sempre rimasto indietro e non si è mai messo davvero in discussione. Inoltre con il passare del tempo, ci siamo rese conto che il nostro vino, sebbene rientri nella categoria dei beni primari, non rappresenta un alimento di prima necessità. Però allo stesso tempo muove molte persone, di qualsiasi generazione, dalla produzione alla degustazione, diventando per molti l’accompagnamento principale di ogni pasto in abbinamento a quasi tutti i prodotti della nostra tavola. Concretamente il vino è una delle parti principali della nostra cultura italiana.

Quali sono i vostri punti di forza?

È fondamentale l’unione tra noi, essere una squadra: per questo, il nostro punto di forza è sicuramente il dialogo. Nel tempo, abbiamo capito sempre di più che comunicare è alla base di tutto e abbiamo imparato a farlo. Il secondo punto di forza è quello di non scendere a compromessi con la modernità. Ad esempio nostra mamma, che è venuta a mancare quattro anni fa, ci ha detto fino all’ultimo di continuare con la raccolta dell’uva a mano: ora, sappiamo che questo è il modo migliore per avere un prodotto di altissima qualità, rispetto alle altre aziende che optano per l’utilizzo dei macchinari. Ci sembrava stupido? Certo! Poi però abbiamo capito che invece è proprio questa la nostra forza.

Adesso vi faccio una domanda importante…

Come sarà La Callaltella tra 10 anni?

Sicuramente ci piacerebbe avere una continuità nel duro mondo delle partite IVA. Inoltre ci piacerebbe che La Callaltella non sia una delle tante aziende vinicole, piuttosto che venga riconosciuta sempre più come brand per la qualità e il valore dei prodotti proposti. Vorremmo crescere a tal punto che siano le stesse enoteche a cercarci, in modo tale da contare su una maggiore stabilità economica, visto che negli ultimi anni abbiamo dovuto tirarci su le maniche e risolvere problemi che provenivano dal passato. In un certo senso, la nostra può essere definita una start-up che, però, si porta sulle spalle un’azienda di 70 anni. Probabilmente se fosse nata da zero, non avremmo avuto tutti questi problemi, ma siamo donne, “se non sono problemi, non li vogliamo!”.

Visto che, oltre ad essere sorelle, siete legate dal fatto di essere donne…

Com’è per una donna lavorare nel mondo delle aziende agricole?

Se lavorassimo fra sole donne non sarebbe così difficile, forse… Essendo un lavoro storicamente maschile, ci confrontiamo quasi sempre con uomini, che spesso e volentieri sono tradizionalisti e conservatori, quindi non è sempre un’impresa facile. Spesso capita di vivere situazioni particolari, dove è evidente che chi ci troviamo di fronte ci sottostimi in quanto donne e ci prenda decisamente sottogamba. Però facendo formazione abbiamo imparato ad affrontare anche questo tipo di situazioni, anche se è evidente che dobbiamo fare di più per dimostrare il nostro valore.

Vi sono capitate situazioni “imbarazzanti”?

Sì, assolutamente. C’è stato un uomo che chiedeva di parlare con il titolare. Quando è stato evidente che nessun titolare “maschio” sarebbe mai arrivato, ci ha risposto che credeva di poter parlare con uomini poiché era lì per vendere delle macchine agricole.

Credete che la situazione continuerà ad essere così a lungo?

No, il cambiamento c’è, perché noi donne che siamo nel mondo dell’imprenditoria o che lavoriamo come collaboratrici che hanno preso coscienza del proprio ruolo siamo capaci di poter fare tutto. Ogni donna, soprattutto ogni mamma di figli maschi, ha il compito di insegnare ai propri figli e nipoti il rispetto per la donna.

Cosa consigliereste a giovani con il desiderio di aprire un’azienda vinicola?

Per entrare nel mondo delle aziende vinicole, ci sarebbero molti consigli da dare… Dovendone scegliere soltanto alcuni, il primo è senza ombra di dubbio quello di avere chiara in mente una destinazione ben definita. Successivamente, avendo chiaro l’obiettivo, è essenziale tracciare il percorso da seguire, pianificare tutto dalla A alla Z, dal commerciale alle finanze ed avere tutto sotto controllo tenendo sempre bene a mente la strada da seguire. In questo lungo cammino, non si è soli. Possiamo anche avere ottime idee e compiere azioni perfette, ma ciò di cui non si può fare a meno è avere affianco dei validi compagni di viaggio per diventare davvero grandi.

online il 29.03.2021

aggiornato il 19.11.2024

Per approfondire

Fuori dalla zona di comfort: dove i sogni si realizzano

4 minuti

Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

4 minuti

Come diventare imprenditrice: decidi tu chi vuoi essere

5 minuti


Gestione del tempo a lavoro: 10 consigli da seguire

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Gestione del tempo a lavoro: 10 consigli da seguire

Gestione del tempo a lavoro: 10 consigli da seguire

Organizzare il proprio tempo a lavoro non è mai semplice, ma con la giusta disciplina e alcune strategie mirate, è possibile ottimizzare le giornate e raggiungere i propri obiettivi. Scopri 10 consigli pratici per migliorare la tua gestione del tempo e lavorare in modo più sereno ed efficace.

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

5 minuti

Indice dei contenuti

Vai a dormire all’ora giusta

La gestione del tempo inizia la sera prima: dormire bene è fondamentale. Concediti almeno 7 ore di sonno per mantenere alta la concentrazione e preservare la tua salute. Sii consapevole delle tue esigenze personali e crea una routine serale che favorisca il relax e un sonno di qualità.

Svegliati con il piede giusto

Dedica la mattina a te stesso. Lavati, fai colazione, allenati o svolgi piccole faccende: iniziare con attività che ti fanno sentire bene darà un impulso positivo alla tua giornata. Non trascurare questo momento pre-lavorativo: è un investimento per il tuo benessere mentale e fisico.

Arriva in anticipo

Essere in anticipo significa dimostrare professionalità e ridurre lo stress. Tieni conto di eventuali imprevisti come traffico o ritardi e organizza i tuoi spostamenti di conseguenza. Arrivare con qualche minuto di margine ti permette di iniziare la giornata lavorativa con calma e concentrazione.

Prepara il materiale necessario

Per iniziare a lavorare senza intoppi, assicurati di avere tutto il materiale che ti serve a portata di mano. L’organizzazione preventiva ti farà risparmiare tempo prezioso e aumenterà la tua produttività.

Pianifica i tuoi obiettivi

Dedica qualche minuto a definire cosa vuoi raggiungere entro la fine della giornata o della settimana. Scrivi una lista degli obiettivi, utilizzando strumenti come agende, app o lavagne. Più chiari saranno i tuoi traguardi, più sarai efficace nel raggiungerli.

Distingui urgenza e importanza

Non tutte le attività hanno lo stesso valore. Usa i “quadranti del tempo” (urgente/importante) per classificare le tue mansioni. Concentrati prima sulle attività importanti e urgenti, senza disperdere energie in compiti secondari.

Fai una cosa alla volta

Multitasking? No, grazie. Portare avanti più attività contemporaneamente diminuisce la qualità del lavoro e aumenta il rischio di errori. Completa un’attività prima di iniziarne un’altra, per mantenere alta la concentrazione e garantire risultati migliori.

Lavora con qualità

Dedica il massimo impegno a ogni singolo compito. È preferibile completare meno attività, ma farlo al meglio, piuttosto che disperdere le energie in progetti incompleti. Lavora in modo focalizzato e non lasciare momenti vuoti: c’è sempre qualcosa da migliorare o pianificare.

Elimina distrazioni

Smartphone, chiacchiere inutili e pause eccessive sono nemici della produttività. Definisci chiaramente il tempo dedicato al lavoro e quello destinato allo svago. Una netta separazione tra i due ambiti ti aiuterà a essere più concentrato e a ridurre lo stress.

Gestisci imprevisti con intelligenza

Non puoi evitare del tutto gli imprevisti, ma puoi ridurne l’impatto. Limita le interruzioni, stabilisci priorità e se necessario impara a dire no. Gestire bene il tuo tempo richiede un equilibrio tra flessibilità e disciplina.

La chiave è la costanza

La gestione del tempo a lavoro non è una magia che si apprende in un giorno, ma un’abitudine che si costruisce con pazienza. Le giornate produttive ti regaleranno energia e soddisfazione, mentre gli inevitabili contrattempi ti offriranno spunti per migliorarti.

Prendi in mano la tua giornata con questi 10 consigli e scoprirai che, con un po’ di organizzazione, il tempo non sarà mai troppo poco!

online il 07.03.2021

aggiornato il 23.11.2024

Per approfondire

Quanto è importante saper gestire le risorse umane?

4 minuti

Come migliorare la gestione aziendale: il metodo Nera

7 minuti

Che cos’è l’affiancamento lavorativo

8 minuti


L’isola dei sogni infranti

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / L’isola dei sogni infranti

L’isola dei sogni infranti

Spesso, di fronte a un fallimento, ci rifugiamo nell’idea che un obiettivo sia semplicemente irraggiungibile. Questo ci porta a un “approdo mentale” sull’isola dei sogni infranti, dove i sogni abbandonati trovano compagnia nel dolore comune. Scopri come liberarti di questo schema e trasformare l’impossibile in realtà.

Autore

Angela De Rosa

Tempo di lettura

4 minuti

Indice dei contenuti

Cos’è l’isola dei sogni infranti?

Leggendo il titolo, avrai pensato a una serie TV romantica, ma non è questo il caso. L’isola dei sogni infranti è una condizione mentale: quel momento in cui, di fronte a un insuccesso, ti convinci che il tuo obiettivo sia irrealizzabile.

Ma c’è di più. Quando trovi qualcun altro che condivide la tua convinzione, tutto sembra magicamente più accettabile: “Se nemmeno tu ci sei riuscito, allora è davvero impossibile!”. Questo senso di conforto condiviso è il biglietto di sola andata per l’isola dei sogni infranti.

L’esempio del pittore: perché è più facile arrendersi

Immagina un pittore che sogna di padroneggiare una tecnica artistica molto complessa. Prova e riprova, ma fallisce. Parlando con altri colleghi, scopre che anche loro considerano quella tecnica impossibile. A quel punto, si arrende, accettando questa “verità” condivisa.

Arrendersi sembra meno doloroso quando il fallimento diventa una condizione collettiva. E così, il pittore e i suoi colleghi si adattano a vivere sull’isola, rinunciando al sogno.

Il venditore e il cliente impossibile

Un altro esempio? Pensa a un venditore che, per due anni di fila, prova a convincere un’azienda a comprare i suoi prodotti, senza successo. Alla terza occasione, decide di non tentare nemmeno: “È impossibile”.

Un giorno, passando davanti a quella stessa azienda, vede esposti in vetrina i prodotti del suo concorrente. La realtà lo colpisce come un fulmine: mentre lui aveva rinunciato, qualcun altro ha creduto nell’opportunità e ha fatto ciò che lui considerava impossibile.

Perché l’impossibile non esiste

La lezione è chiara: spesso ciò che definiamo impossibile è semplicemente il risultato delle nostre convinzioni limitanti. Approdiamo sull’isola dei sogni infranti perché è più facile accettare un fallimento quando lo giustifichiamo con l’idea che non fosse possibile raggiungere quell’obiettivo.

Ma la verità è che arrendersi non elimina il dolore, lo rinvia. Prima o poi, il rimorso ti farà capire che avresti potuto fare di più.

Come fuggire dall’isola dei sogni infranti

  1. Identifica le convinzioni limitanti: rifletti su ciò che ritieni impossibile e chiediti: è davvero così? O è solo una scusa per non affrontare la difficoltà?
  2. Cambia prospettiva: cerca esempi di persone che hanno raggiunto ciò che desideri. Se qualcuno ce l’ha fatta, perché tu no?
  3. Non smettere mai di tentare: ogni fallimento è un passo avanti, non una conferma di impossibilità. Prova, impara, riprova.
  4. Circondati di ispirazione: confrontati con persone che ti spingano a fare meglio, non con chi ti conferma che è impossibile.

La scelta è tua

Se senti che hai “ancorato” i tuoi sogni a un’idea di impossibilità, sappi che puoi cambiare rotta. Basta iniziare a credere nel tuo obiettivo e agire per raggiungerlo, un passo alla volta.

Ricorda le parole di Walt Disney: “Se puoi sognarlo, puoi farlo.”

Esci dall’isola dei sogni infranti e costruisci il tuo ponte verso il successo.

online il 09.03.2020

aggiornato il 23.11.2024

Per approfondire

Diventare imprenditrici: la perseveranza vince sempre

5 minuti

Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

4 minuti

Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

8 minuti


Come trasformare lo stress in energia positiva

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Come trasformare lo stress in energia positiva

Come trasformare lo stress in energia positiva

Lo stress non è sempre un nemico. Può essere un alleato potente se impari a trasformarlo in energia positiva. Scopri le differenze tra eustress (stress positivo) e distress (stress negativo) e come adottare strategie efficaci per gestire le pressioni quotidiane e raggiungere i tuoi obiettivi.

Autore

Roberta Di Pietro

Tempo di lettura

4 minuti

Indice dei contenuti

Che cos’è lo stress?

Caro imprenditore, quante volte hai pensato di essere sopraffatto dallo stress? Spesso tendiamo a considerarlo solo come un peso negativo. Ma la verità è che lo stress può essere una risorsa, se impariamo a capirlo e gestirlo correttamente.

In breve, lo stress è una reazione a un cambiamento che richiede uno sforzo maggiore rispetto alle tue abitudini.

Se questo sforzo ti stimola, ti motiva e ti aiuta a raggiungere i tuoi obiettivi, si tratta di eustress, lo stress positivo. Per esempio, affrontare una nuova sfida lavorativa può essere inizialmente faticoso, ma col tempo potresti scoprire di aver acquisito nuove competenze e maggiore fiducia in te stesso.

Al contrario, quando lo sforzo richiesto è eccessivo o percepito come imposto, si parla di distress, lo stress negativo. Questo tipo di stress ti fa sentire oppresso, abbassa l’autostima e può portare a problemi fisici come tachicardia, insonnia o ansia cronica.

Eustress e distress: le differenze principali

L’eustress:

  • Ti spinge fuori dalla zona di comfort.
  • Ti aiuta a sviluppare nuove abilità e ad accrescere la fiducia in te stesso.
  • È uno stimolo per il miglioramento e la crescita personale.

Il distress:

  • Blocca il tuo potenziale e ti impedisce di affrontare le difficoltà con spirito propositivo.
  • Porta a una percezione negativa di te stesso e delle tue capacità.
  • Può causare un crollo psicofisico se non gestito.

Come evitare il distress e sfruttare l’eustress

Non strafare: punta in alto, ma dividendo il percorso in piccoli step. Non puoi pretendere di raggiungere tutto subito o il rischio di distress sarà dietro l’angolo.

Un esempio pratico: immagina un’azienda in cui arriva un nuovo collaboratore per il reparto vendite. Se gli viene subito chiesto di gestire tutto senza il giusto supporto, si sentirà sopraffatto e finirà in distress.

Ma se invece il titolare lo affianca a un collega esperto per un periodo iniziale, dandogli tempo di conoscere clienti e prodotti, lo stress si trasformerà in un’eustress costruttivo.

Strategie da adottare

  1. Pianifica il tuo obiettivo: parti con una visione chiara, ma costruisci un percorso graduale.
  2. Concentrati sul presente: risolvi un problema alla volta, senza guardare troppo avanti.
  3. Cerca supporto: affidati a un team o a professionisti che possano aiutarti a gestire meglio le sfide.

Lo stress come superpotere

Lo stress è una forza neutra: sei tu a scegliere come utilizzarla. Poniti obiettivi ambiziosi, ma concediti il tempo di affrontarli un passo alla volta.

Trasforma ogni ostacolo in un’opportunità per migliorare te stesso e superare i tuoi limiti. L’eustress, se ben gestito, può diventare il tuo superpotere personale.

online il 09.03.2020

 

aggiornato il 23.11.2024

 

Per approfondire

Diventare imprenditrici: la perseveranza vince sempre

5 minuti

Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

4 minuti

Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

8 minuti


Fuori dalla zona di comfort: dove i sogni si realizzano

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Fuori dalla zona di comfort: dove i sogni si realizzano

Fuori dalla zona di comfort: dove i sogni si realizzano

Spingersi oltre i propri limiti permette di scoprire nuove potenzialità, trasformando il disagio iniziale in abitudini e stimoli di crescita. Uscire dalla zona di comfort è essenziale per migliorare il rendimento e raggiungere obiettivi ambiziosi, sfruttando l’eustress positivo come motore di successo.

Autore

Roberta Di Pietro

Tempo di lettura

4 minuti

Indice dei contenuti

Caro imprenditore, nella vita, come nel lavoro, è importante che tu sappia spingerti al di là dei tuoi limiti, fuori dalla tua zona di comfort.

Come spingersi al di là dei limiti

In quanto imprenditore, è importante che il tuo obiettivo sia fuori dai tuoi confini abituali perché:

  • più la tua meta è ambiziosa, più possibilità hai di scoprire nuove potenzialità nascoste;
  • se la meta che hai scelto è una sfida tale da non comprendere un piano B, allora sai di aver trovato la tua strada;
  • molte delle tue zone di comfort, in passato, erano zone di “scomfort”.

Trasformare i disagi in abitudini

Pensa per esempio a quando da bambina sapevi soltanto gattonare, senza riuscire a reggerti in piedi. Con il tempo però hai iniziato a muovere i primi passi sempre più di frequente superando la paura di cadere. Alla fine hai imparato a camminare e adesso per te, come per tutti, è una delle cose più naturali del mondo. Ecco, senza accorgertene, hai trasformato un tuo disagio in abitudine.

Questo è soltanto uno dei tanti esempi per farti capire come piccole dosi di ansia e stress possano migliorare il tuo rendimento. Che significa? Che lo stress può essere un elemento positivo, senza il quale saresti una persona priva di stimoli, in altre parole apatica.

Differenza tra eustress e distress

Attenzione! C’è una distinzione fondamentale in questo ambito, ovvero bisogna separare l’eustress dal distress.

L’eustress è positivo, poiché non è dannoso per la salute e porta ad un miglioramento dello stato d’animo. Dall’altra parte, il distress è negativo, perché è cronico e potrebbe sfociare in uno stress clinico.

Tornando a noi… Se ti fermi un attimo a riflettere, ti accorgerai di quante volte tu sia riuscito a fare cose che prima potevano sembrarti assurde o impossibili e di quante volte il superare questi ostacoli ti abbia dato una carica ineguagliabile.

Quindi distruggere la tua bolla di sicurezza è “un bene per gli affari”: entri di fatto in una nuova zona che, inizialmente, potrà sembrarti sgradevole e farti sentire a disagio, ma che in realtà farà migliorare il tuo rendimento.

Possiamo dire che l’area di scomfort sia davvero una zona di massimo rendimento, più che di disagio. È quando fai un passo oltre le tue sicurezze che stai davvero realizzando i tuoi sogni.

online il 10.02.2020

aggiornato il 19.11.2024

Per approfondire

Diventare imprenditrici: la perseveranza vince sempre

5 minuti

Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

4 minuti

Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

8 minuti


Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

Nera Business / Blog / Produttività e crescita personale / Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo

Uscire dalla zona di comfort e diventare donne di successo 

La zona di comfort è lo stato in cui ci si sente sicuri, evitando rischi e sfide. Tuttavia, per crescere e migliorare, è necessario uscire da questa zona, affrontare paure e sperimentare nuove opportunità. Come dimostra Fabiola Gianotti, sfidare i propri limiti è essenziale per raggiungere il successo.

Autore

Roberta Di Pietro

Tempo di lettura

4 minuti

Indice dei contenuti

Zona di comfort? Cos’è? Ti faccio un esempio pratico.

Come ogni primo venerdì del mese, c’è la cena con le tue amiche. Tu porti la tua solita torta con cocco e Nutella, che, come sempre, susciterà commenti come “Questa va tutta sui fianchi!” oppure “Ah, ma allora mi vuoi proprio male!”. La verità? Da un lato, ti piace viziarle, dall’altro, vorresti che anche loro, come te che sei un po’ ingrassata a causa dei loro buonissimi piatti, mettessero su qualche chilo!

Il punto però è un altro. Cucini sempre ‘sta benedetta torta con cocco e Nutella. Certo, le tue amiche non si lamentano, anzi, non lasciano mai una briciola! Ma tu vorresti cambiare, vorresti sperimentare una cosa nuova, magari una Sachertorte! Però non lo fai… E se dovesse venir male? Chi vuole sentirle, quelle, senza il dessert, dopo una giornata stressante?!

In questo caso, la torta con cocco e Nutella rappresenta esattamente la tua zona di comfort.

Che cos’è la zona di comfort?

Per definizione, la zona di comfort è lo stato mentale in cui ci si sente a proprio agio e nel pieno controllo di una situazione, poiché si resta a contatto solo con persone, cose e ambienti familiari, evitando di sperimentare qualsiasi tipo di stress o paura.

L’esempio della torta, per quanto possa sembrarti banale, è un modo per farti capire che rimanere sempre dentro i confini della tua area sicura non ti fa affatto bene, specialmente si tratta di obiettivi da raggiungere, prestazioni lavorative, produttività. Se continui a fare solo ciò che ti riesce meglio, sarai sicuramente più rilassata e tranquilla, ma non farai mai passi avanti. Tu non vuoi questo, vero? Tu vuoi apprendere, migliorare ed ottenere risultati.

È arrivato il momento di “lanciarti” oltre i tuoi confini abituali.

Ho sempre cercato di avere degli scopi della vita che richiedessero impegno e che fossero un po’ delle sfide.

Fabiola Gianotti

Fabiola Gianotti: ragazza fuori dagli schemi

Fabiola Gianotti è un esempio di donna di successo, diventata tale perchè si è sempre spinta al di fuori dei propri limiti. Alla guida del CERN dal 2016, la fisica di origini romane è appena stata riconfermata direttrice generale dell’organizzazione europea per la ricerca nucleare. È la prima volta in assoluto che ciò avviene nella storia dell’istituto svizzero. Come ha raggiunto un traguardo simile?

La storia di Fabiola

Nel suo percorso iniziato molto tempo fa una cosa è certa: quello che ha ottenuto, l’ha ottenuto uscendo dalla sua zona di comfort.

Sin da giovanissima, si appassiona alla fisica leggendo le biografie di Marie Curie e la spiegazione dell’effetto fotoelettrico di Albert Einstein. All’università sceglie di studiare fisica; una volta laureatasi, inizia un dottorato di ricerca sulle particelle elementari.

Nel 1987 inizia a lavorare al CERN di Ginevra contribuendo a svariati esperimenti. Il suo impegno e le sue incredibili abilità nel campo della fisica fanno sì che nel 1992 prenda parte all’esperimento Atlas, progetto che coinvolge fisici provenienti da tutto il mondo e che ancora oggi viene considerato il più grande esperimento scientifico della storia.

Dal ’99 al 2003, ricopre il ruolo di coordinatrice dell’esperimento e grazie alla sua bravura viene rieletta dai propri colleghi nel 2009, anno in cui viene nominata Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana in virtù delle “sue conoscenze scientifiche e le spiccati doti gestionali con cui guida il progetto Atlas”.

Nel corso degli anni riceve innumerevoli premi, tra cui il Fundamental Physics Prize, l’Ambrogino d’Oro e molti altri, per il suo prezioso contributo nel settore della fisica nucleare.

La sua più grande soddisfazione arriva nel 2014 quando viene scelta come direttrice generale del CERN, iniziando il proprio mandato nel 2016. È la prima donna a ricoprire tale incarico. È la prima volta, nella storia, che una persona viene rieletta a tale incarico per un secondo mandato.

Sconfiggere le paure e rischiare

Tutto questo per dirti che nella vita devi rischiare. Uscire dalla tua zona di comfort significa proprio questo. È un continuo mettersi alla prova, osare, spesso e volentieri senza conoscere alla perfezione la situazione che ti troverai davanti. Solo così crescerai, imparerai e migliorerai le tue abilità. Fa paura, è vero, ma sfidare te stessa è l’unico modo che hai per vincere qualunque sia la competizione alla quale stai partecipando.

Inizia a rischiare da subito! Per questo venerdì, prepara la Sachertorte, non la torta con cocco e Nutella!

La vita comincia dove finisce la tua zona di comfort.

Neale Donald Walsch

online il 03.02.2020

aggiornato il 17.11.2024

Per approfondire

Fuori dalla zona di comfort: dove i sogni si realizzano

5 minuti

Come diventare imprenditrice: decidi tu chi vuoi essere

5 minuti

Donne in carriera: intervista alle 3 sorelle della Callaltella

8 minuti


Inizia da qui